Enone, Vienna, van Ghelen, 1729-1730

 ATTO PRIMO
 
 Campagna col prospetto del monte Ida, bagnata dal fiume Cibrene e qua e là abbellita di case pastorali, d’una delle quali, più nobile dell’altre, sta appeso alla chiusa soglia un vago festone di rose e di mirti. A mezzo il monte vedesi il celebre tempio di Giove e sotto questo v’ha un antro, la cui bocca è chiusa all’intorno da varie piante.
 
 SCENA PRIMA
 
 EGLE e AGELAO
 
 AGELAO
 Tel dissi e nol credesti.
 Di Paride i sospiri
 non erano per Egle. Egli è altrui sposo.
 EGLE
 Sposo? Di chi?
 AGELAO
                              Della vezzosa Enone.
 EGLE
5La figlia di Cibrene?
 AGELAO
 Di lui che irriga i nostri campi e specchio
 fa di sue limpid’acque al patrio monte.
 EGLE
 Ma come? Ella il fuggia
 più che agnella e colomba i denti e l’ugne
10di lupo e falco.
 AGELAO
                              Vedi
 quel di mirti e di rose
 serto gentile a quella soglia appeso?
 Il talamo ivi accoglie
 la bella coppia.
 EGLE
                              Or va’; da’ fede a ninfa
15che affetti di parer schifa e selvaggia.
 Chi l’avria detto? Enone
 fugge amori, odia amanti; e poi...
 AGELAO
                                                               Di scusa
 degno è ’l suo error. La scure
 pendea sul capo a Niso, il suo germano,
20omicida di Alceo. Paride, a cui
 diede senno e valor su noi l’impero,
 sospese e rivocò - che non ottiene
 beltà che s’ami e preghi? - il mortal colpo.
 Ma le nozze di Enon fur di cotesta
25sua pietà la mercé. Senza un tal patto,
 implacabile e sordo
 era il giudice amante;
 e l’imeneo necessità divenne.
 EGLE
 Non glielo invidio. Se nol fece amore,
30non è un gran ben. Lo seguiran da presso
 i rancori, i dispetti e le sciagure.
 AGELAO
 Ho pietà di quel duol che a te sul volto
 spiega pallide insegne,
 non ben da tua virtù premuto e chiuso.
 EGLE
35Padre, son io sì vile
 che il perder un infido abbia a dolermi?
 L’ampie tue messi e ’l mio sembiante ad altri
 amanti fan lusinga.
 Paride sia di Enon; ma sì gran torto
40da lui non meritava
 la figlia di Agelao, di te che a morte
 lo togliesti bambino e che qual padre...
 AGELAO
 Fuori che a te, né a lui né ad altri è noto
 l’arcano, onde dipende
45la mia salvezza. Ah! Guarda
 ch’ira non ti trasporti anche a tradirmi.
 EGLE
 Non temerne. Tranquilla, indifferente
 mirerò l’offensor; né di un acerbo
 duol, che lo sgridi, il farò andar superbo.
 AGELAO
 
50   A troppo chiaro lume
 spiegasti ardite piume, incauta figlia.
 
    Tel dissi; ma che pro?
 La bella tua facella
 ti piacque e ti abbrugiò.
 
55   Misera! Avvien così
 a chi col suo piacer sol si consiglia.
 
 SCENA II
 
 EGLE
 
 EGLE
 Da l’amante tradita,
 da l’amica schernita,
 dovrò tacer? Pur vidi a’ miei sospiri
60Paride impietosirsi. Enon giurarmi
 pur mille volte intesi
 che mai non l’amerebbe e che da forza
 d’invincibil destin n’era costretta.
 Ma che? Ridonsi gli empi
65di lor proteste e del destino e d’Egle;
 e ’l non ultimo io son dei lor diletti.
 Misera! E tacerò? Meriterei
 con sì vile indolenza i torti miei.
 
 SCENA III
 
 EURIALO, CLEONE da varie parti ed EGLE
 
 EURIALO
 Egle così turbata?
 CLEONE
                                    Egle sì mesta?
 EGLE
70Cleone, Eurialo, ah! se mi amaste!
 EURIALO
                                                                 A tutta
 prova metti il mio amor.
 CLEONE
                                                Vincerà tutti
 e perigli e rimorsi un tuo comando.
 EGLE
 Piacemi. Ciecamente amor ragiona
 col voler di chi s’ama e più non chiede.
 CLEONE
75Che far deve il mio amor?
 EURIALO
                                                  Che la mia fede?
 EGLE
 Vendicarmi.
 CLEONE
                          Di chi?
 EGLE
                                          Di un empio amante,
 di una perfida amica,
 di Paride e di Enon. Né li punisca
 laccio, ferro o velen. Non è il mio sdegno
80d’indole sì crudel. Dispetto, affanno,
 pentimento, furor spargano il loro
 imeneo di amarezze. Egle oltraggiata
 il trastullo non sia dei lor riposi.
 Libero è già ’l mio cor. Quale augellino,
85cui due lacci sien tesi, ov’ei sen cada,
 stassi e da un ramuscello
 or questo guarda, or quello, alfin là dove
 fa a lui fischio gentil più dolce invito,
 abbassa il volo e libertà vi perde.
90Tale anch’io del più fido
 preda sarò. Cogliete
 il propizio momento.
 Tendermi visco o rete
 poi non varrà, se un altro volo io tento.
 
95   Veggo. Il so. Ma non ascolto
 o pretesti o giuramenti.
 Vo’ che l’opra a me lo scopra
 e a l’amor poi crederò.
 
    I sofferti tradimenti
100han di ceppi il cor disciolto;
 e dal danno del suo inganno
 accortezza egli imparò.
 
 SCENA IV
 
 EURIALO, CLEONE
 
 EURIALO
 Cleon, senza rival goda il tuo amore;
 non vo’ per esser lieto esser malvagio.
 CLEONE
105Se cosa rea mi fosse imposta, il prezzo
 torcer non mi faria dal calle onesto.
 EURIALO
 Non ti par cosa rea di un casto letto
 con insidia e livor turbar la pace?
 CLEONE
 Eh! V’entrerà a scomporlo Astrea sdegnata.
 EURIALO
110Che? Di Niso l’error tale a te sembra
 che sia degno di morte?
 CLEONE
 E quando mai non si punì di morte
 chi altrui la diè? Di Alceo la grida il sangue.
 EURIALO
 E stan per Niso l’alta stirpe e gli anni
115teneri ancora e ’l repentino incontro
 e ’l provocato giovanile ardore.
 CLEONE
 Tutto parlò né valse.
 La sentenza era data.
 Piange, promette Enone; e ’l reo si salva.
120Ecco l’util che vien dal porre in mano
 a gioventù i governi e i magistrati.
 A lei per giudicar manca quel lume
 che dona esperienza; e s’anco n’abbia,
 sregolato disio tosto l’estingue,
125talché giustizia ne rimane al buio
 e le leggi e ’l dover vanno in obblio.
 EURIALO
 Sì rigido è Cleone?
 CLEONE
 Eurialo è sì pietoso?
 EURIALO
 Io l’onesta pietà deggio a l’amico.
 CLEONE
130Ed io l’opra fedel deggio a l’amante.
 EURIALO
 Segua ognun suo dover. Vedrem se il cielo
 più assista ad amicizia o più ad amore.
 CLEONE
 Egle alor fia mio acquisto e tuo dolore.
 EURIALO
 
    A beltà servir non lice,
135quando rea si vuol la fede.
 
 CLEONE
 
    Se amor brama esser felice,
 serva ognor con cieca fede.
 
 EURIALO
 
    Ben sovente ella si pente;
 ed alor del cieco amante
140odio e sprezzo è la mercede.
 
 CLEONE
 
    Reo sia il cenno o sia innocente,
 ubbidisca il fido amante
 e amor sempre è sua mercede. (Partono Eurialo e Cleone per varie parti e in questo apresi la porta della casa di Enone, la quale ne esce con le sue ninfe)
 
 SCENA V
 
 ENONE con seguito di ninfe
 
 ENONE
 
    Già salvo il germano,
145l’amante già sposo,
 perché sì angoscioso,
 mio core, perché?
 
 Qual più ingiusto timor fu mai del mio?
 Tolto fra poco il mio germano a morte,
150l’abbraccerò... Ma non ancor l’abbraccio.
 Paride, per cui tanto
 fu in affanno il disio, pure è mio sposo...
 Ma le pronube tede a l’ara sacra
 non anco sfavillar. Quanto in mia pena
155sono ingegnosa! Eh! Lungi,
 importuno timor. Vedrò a l’aprile
 pria venir meno i fiori, al sole i rai
 che a Paride la fé mancar giammai.
 
 SCENA VI
 
 PARIDE, con seguito di pastori, ed ENONE
 
 PARIDE
 Che un governo sia cura e noia e peso,
160mel dice ogni momento
 che lontano da te mi tiene, o cara.
 Il frigio messagger, che a me poc’anzi
 sì sollecito corse, avviso reca
 che in Ida oggi verrà Priamo il re nostro.
 ENONE
165Ne sai tu la cagione?
 PARIDE
 A placar l’ombra, con funerea pompa,
 del suo Alessandro, miserabil figlio.
 ENONE
 Quel cui già quattro lustri espor bambino
 ei fe’ nel vicin bosco a’ piè del monte?
 PARIDE
170Appunto per timor di vani auguri,
 quasi piaccia agli dii che al mal si cerchi
 con una scelleraggine il riparo
 o cangiar possa i fati un atto iniquo.
 ENONE
 Ahimè! Ch’ei turberà le nostre nozze.
 PARIDE
175Anzi la nobil pompa
 ne illustrerà col suo reale aspetto.
 ENONE
 O forse al mio fratello...
 PARIDE
                                             Oh! Quanto sei
 timida e diffidente! Al sen fra poco
 lo strignerai. Già imposi
180che di Eurialo si cerchi, a la cui fede
 sta de’ rei la custodia. Ei ne avrà il cenno.
 ENONE
 Al tuo dolce parlar, qual nebbia al sole,
 e temenza e dolor da me sen fugge.
 PARIDE
 Ben n’hai ragion, sposa diletta, ogni ombra
185da te scacciando che mia fede oltraggi.
 Certa così la tua mi fosse. O mostri
 d’amarmi o m’ami solo
 quanto chiede dover, non quanto amore.
 ENONE
 Ah! Se vedessi il cor, dove tu regni.
 PARIDE
190Non dicevi così, pria che di Niso
 la pietà ti obbligasse ad esser mia.
 ENONE
 Di Niso la pietà femmi tua sposa
 ma non tua amante. De le mie pupille
 e prima e sempre fosti idolo e lume.
 PARIDE
195Strane prove d’amor mi davi alora,
 gli sdegni esercitando e le ripulse.
 ENONE
 Io soffria più di te, facendo forza
 a l’alma innamorata.
 PARIDE
 Da qual legge costretta?
 ENONE
200O dio! Lascia che almeno,
 se al divieto mancai, taccia l’arcano.
 PARIDE
 Se puoi tacer, puoi non amarmi ancora.
 ENONE
 (Perdona, o genitor. Mi sforza un nume
 maggior di te). Cibrene
205sai che mi è padre e ch’ei ne’ giri ascosi
 de l’avvenir penetra. Egli: «Per quanto
 ami il tuo ben» diceami «e ’l tuo riposo,
 fuggi Paride, o figlia. A lui consorte
 non trarrai che in miseria infausti giorni.
210Sta ne’ fati così». Ma quanto, ahi! quanto
 è difficil fuggir destino e amore!
 Tutto in favor si unì de la tua stella;
 anzi stella fatal fu il tuo bel volto
 che vinse in me ragion, voler, virtude.
215Tua sono; e tutti assolve
 i mali, che verranno, un sì gran bene.
 Siami Pari fedele e sfido i fati.
 PARIDE
 Fedel ti fui, sprezzato amante; ed ora,
 sposo felice, ti sarei spergiuro?
220Cara Enon, finch’io viva,
 mio sol voto sarà piacerti, amarti.
 ENONE
 Soavi accenti, esce a incontrarvi l’alma
 e in me rientra e di piacer m’inonda.
 PARIDE
 Mia cara, addio.
 ENONE
                                 Tu parti?
 PARIDE
                                                     Il vuol dovere;
225ma nol vorrebbe amor.
 ENONE
                                             Dover crudele!
 Deh! Sia ancor tuo dover l’esser fedele.
 PARIDE
 
    Amabili pupille,
 più vi vorrei tranquille.
 Fedel vi lascio e a voi
230fedel ritornerò.
 
    Belle anche meste siete;
 ma più mi piacerete,
 quando ogni fosco orrore
 spento in que’ rai vedrò.
 
 SCENA VII
 
 ENONE
 
 ENONE
235Pallide cure, egri sospetti, addio.
 Nulla omai può accader, per cui la fede
 del mio sposo vacilli.
 O notte, o dì felici.
 Cantate il gaudio mio, compagne amiche,
240e ne suonin le selve e gli antri e i colli
 e l’erme valli e le campagne apriche. (In questo mentre vedesi aprire l’uscio della grotta e alzarsi pian piano fuor del suo letto il fiume Cibrene, assiso nella sua reggia e dalle deità sue compagne corteggiato. Precede una sinfonia)
 CIBRENE
 O colpevole figlia
 ma più misera ancor. Di un nume e padre
 le fatidiche voci
245tu non credesti; e tutta
 ti abbandonasti al tuo fatale amore.
 Quanto, ahi! quanto fien brevi
 le gioie tue! Di quali
 amarissimi pianti
250farai crescer quest’acque
 e quest’alghe grondar! Vedrai tradito
 dal tuo amore il tuo sangue,
 dal tuo sangue il tuo amor.
 
    Già l’aspre Eumenidi,
255vaghe di stragi e gemiti,
 scuoton la chioma anguifera,
 alzan la face orribile;
 
    e se men fieri aspetti il ciel non gira
 su’ tuoi casi pietoso,
260singhiozzar disperata
 ti udrò senza fratello e senza sposo. (Il fiume rientra nel suo letto)
 
 ENONE
 Senza fratello? E senza sposo? Ah! Padre,
 qual minaccia! Qual perdita! Qual morte
 per la misera Enon! Che far potea?
265Pietà, destin, necessitade, amore
 han combattuto e vinto il debil core.
 Perdona... O dei! Dove mi volgo? Irato
 mi fugge il padre. Il fato
 mi preme inevitabile. Il fratello
270mi si offre esangue. E Pari?... Ah! Mi tradisce.
 Paride dopo tanti
 giuramenti tradirmi? E ’l credo? E ’l temo?
 No no, di sua virtù, di sua costanza
 troppe prove mi diè l’alma gentile;
275e l’amor suo, de la sua fede armato,
 è più forte per me che il padre e ’l fato.
 
    Belle, se mai scorgete
 Paride senza fé,
 dite che più non v’è
280né fedeltà né amor.
 
    E s’io sarò tradita,
 temete in ogni amante
 un’anima incostante,
 un labbro mentitor.
 
 Ballo di naiadi e d’altre deità seguaci del fiume Cibrene.
 
 Fine dell’atto primo